giovedì 4 luglio 2013

XXXVIII - Parabole della pecora smarrita e del figliol prodigo

Tutti i pubblicani e i peccatori si accostavano a lui per udirlo.
E così i Farisei come gli scribi mormoravano, dicendo: Costui accoglie i peccatori e mangia con loro.
Ed egli disse loro questa parabola:
Chi è l'uomo fra voi, che, avendo cento pecore, se ne perde una, non lasci le novantanove nel deserto e non vada dietro alla perduta finché non l'abbia ritrovata?
E trovatala, tutto allegro se la mette sulle spalle;
e giunto a casa, chiama assieme gli amici e i vicini, e dice loro: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la mia pecora ch'era perduta.
Io vi dico che così vi sarà in cielo più allegria per un solo peccatore che si ravvede, che per novantanove giusti i quali non han bisogno di ravvedimento.
Ovvero, qual è la donna che avendo dieci dramme, se ne perde una, non accenda un lume e non spazzi la casa e non cerchi con cura finché non l'abbia ritrovata?
E quando l'ha trovata, chiama assieme le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta.
Così, vi dico, v'è gioia dinanzi agli angeli di Dio per un solo peccatore che si ravvede.
Disse ancora: Un uomo avea due figli;
e il più giovane di loro disse al padre: Padre, dammi la parte dei beni che mi tocca. Ed egli spartì fra loro i beni.
E di lì a poco, il figlio più giovane, messa insieme ogni cosa, se ne partì per un paese lontano, e là sperperò, vivendo dissolutamente.
E quand'ebbe speso ogni cosa, una gran carestia sopraggiunse in quel paese, sicché egli cominciò ad esser nel bisogno.
E andò, e si mise con uno degli abitanti di quel paese, il quale lo mandò nei suoi campi, a pasturare i porci.
Ed egli avrebbe bramato riempirsi il corpo dei baccelli che i porci mangiavano, ma nessuno gliene dava.
Ma rientrato in sé, disse: Quanti servi di mio padre hanno pane in abbondanza, ed io qui mi muoio di fame!
Io mi leverò e me n'andrò a mio padre, e gli dirò: Padre, ho peccato contro il cielo e contro te:
non son più degno d'esser chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi servi.
Egli dunque si levò e andò da suo padre; ma mentre egli era ancora lontano, suo padre lo vide e fu mosso a compassione, e corse, e gli si gettò al collo, e lo baciò e ribaciò.
E il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il cielo e contro te; non son più degno d'esser chiamato tuo figlio.
Ma il padre disse ai suoi servitori: Presto, portate qua la veste più bella e rivestitelo, e mettetegli un anello al dito e dei calzari a' piedi;
e portate fuori il vitello ingrassato, ammazzatelo, e mangiamo e rallegriamoci,
perché questo mio figliuolo era morto, ed è tornato a vita; era perduto, ed è stato ritrovato. E si misero a far gran festa.
Il figlio maggiore era ai campi; e come tornando fu vicino alla casa, udì la musica e le danze.
E chiamato a sé uno dei servitori, gli domandò che cosa ciò volesse dire.
Quello gli disse: È giunto tuo fratello, e tuo padre ha ammazzato il vitello ingrassato, perché l'ha riavuto sano e salvo.
Ma egli si adirò e non volle entrare; così suo padre uscì e lo pregò di entrare.
Ma egli, rispondendo, disse al padre: Ecco, da tanti anni ti servo, e non ho mai trasgredito un tuo comando; a me però non hai mai dato neppure un capretto da far festa con i miei amici;
ma quando è venuto questo tuo figlio che ha divorato i tuoi beni con le meretrici, tu hai ammazzato per lui il vitello ingrassato.
E il padre gli disse: Figlio, tu sei sempre con me, ed ogni cosa mia è tua;
ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto, ed è tornato a vita; era perduto, ed è stato ritrovato.

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